Omelia Don Carlo 23 novembre 2018

*Omelia 23 Novembre 2018*

“Tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo”

Sono tutti presi dalle parole che dice, perché parla di loro, per questo le sue parole ti prendono, fan luce dentro, come nessuno finora ha mai fatto luce, né genitori, amici o innamorati. Davanti a Lui uno si chiarisce dentro, si vede in faccia che è più presente a se stesso, più cosciente, che dice io essendo lì in quel che dice, come mai ha fatto prima.
E cos’è che ha detto? Quali sono le parole che li hanno fulminati di chiarezza quel giorno?

“La mia casa sarà casa di preghiera”

Ha detto che dentro il mondo c’è una casa di preghiera, c’è un luogo dove si vede Dio in faccia, si può parlare con Dio, Gli si può dare del “tu”, chiamarLo Abbà, come faceva Lui, in una confidenza e famigliarità assolute. Una famigliarità che rende liberi, certi, perché se io posso guardare in faccia Dio e dirGli Abbà, papà, ho questa confidenza totale con Lui, ma di cosa posso avere paura dentro il mondo? È questa famigliarità che affascina il popolo, per cui “pende dalle labbra”.
Ma è la stessa famigliarità che riempie di paura, di terrore, di furore i capi, che scatena l’odio dei capi; “cercavano [dice] di farlo morire”: ma perché? Perché un Dio così famigliare può scatenare il terrore e l’odio da spingerti ad ucciderLo? Di cosa hanno paura i capi? Perché resistono a questo Dio che ti fa luce dentro, che ti mette davanti a te stesso, che ti rende libero? Quando noi abbiamo paura di Dio, di cosa abbiamo paura? Cosa ci spinge a resistere?