Omelia Don Carlo 26 ottobre 2018

*Omelia 26 ottobre 2018*

“Come mai questo tempo non sapete valutarlo e perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?” Delegate sempre a qualcun altro, non ci siete più voi!

Perché la prima virtù del Cristiano, la virtù fondamentale non è una virtù morale – che sia bravo -, è una virtù conoscitiva: è un uomo che sa valutare lui, senza delegare a nessuno, il tempo presente. Questo tempo, perché Dio sì rende presente in questo tempo.

“Benedetto Colui che viene” preghiamo sempre nel Sanctus, “o erchòmenos”, quello che, in questo istante, viene, si rende presente!

Ma dove e come? La fede Cristiana non è una religione del libro. Il libro c’è ma contiene una storia: Dio parla con dei fatti storici, “Debàr”, che significa parola fatta, fatta parola. Un fatto che parla: la vera parola è un fatto, il concetto, l’espressione verbale non lo contiene mai tutto. Tu incontri Dio se lo intercetti nei fatti con cui si rende presente. Non incontri Dio – è una tendenza di una certa religiosità orientale, no? – nel distacco dalla realtà, oppure imponendo violentemente i tuoi schemi – la così detta parola di Dio – alla realtà. No! Tu incontri Dio abbracciando la realtà, conoscendola, amandola con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente. Questo è il problema. Infatti l’impedimento a riconoscere Dio nella realtà non è una questione di…sei immorale, sei un peccatore, sei un adultero, sei questo, sei un ladro…”ipocriti!” dice brutalmente Gesù in questo…”voi non riconoscete Dio e non mi capite non perché siete cattivi, fate dei delitti, siete illegali, no, siete semplicemente “ὑπο-κριταί” vuol dire “sotto sotto diversi dal volto, da quel che avete in volto”! Non siete uniti in voi stessi, il vostro volto non svela il vostro cuore: non vi manifestate più, siete dissociati dentro di voi, fate del male a voi, perché non vi incontra più nessuno, ma così siete infelici, perché la felicità è essere noi stessi sempre, esprimere, parole e gesti, volto, quel che sono: essere trasparenti a se stessi, donarsi in quell’istante e se non riconoscete Dio in questo tempo, questi fatti non vi dicono niente su Dio, siete chiusi in quel che sapete è perché non siete uniti, non riconoscete Dio nella realtà perché non Lo riconoscete in voi stessi. Per vedere Dio nei fatti e nelle cose Lo devi prima vedere in te, devi farGli spazio in te, devi riconoscere la sacralità di quel che tu sei.
Mi viene in mente una reazione – io sono così, impulsivo, tante volte non penso prima di fare o dire una cosa -, quando mi chiedono “come stai?” mi viene da dire qualche volta all’istante: “come mi vedi?”, perchè è vero, io parlo anche se non ti dico niente. E la cosa più bella è avere la propria faccia, anzi, averne una sola di faccia, bella o brutta, piena di limiti ma deve essere quella, e mettere tutto quello che sei, in quell’istante, quello che hai in cuore, in quella faccia lì. Ecco, ci vuole un uomo unito in se stesso per giudicare il tempo; per riconoscere Dio nei fatti, lo devi prima riconoscere in te, perchè la novità cristiana è tutta qui: che dopo Gesù in ogni istante – diceva Ada Negri – “incombe il peso dell’eterno”, in ogni istante tu puoi incrociare l’Eterno. Uno dei primi autori che studiai, uno svizzero, in teologia propedeutica era Von Balthasar e uno dei suoi libri più acuti, anche se impegnativo, molto contorto, molto svizzero tedesco, era “Das Ganze im Fragment”, il tutto è in un frammento: in un frammento di realtà e di tempo lì c’è il Tutto, ma per incontrare il Tutto lì devi essere non ipocrita, unito in te stesso, tutto come sei, quel che sei.