Omelia Don Carlo, funerale di sua madre

Omelia funerale madre don Carlo

“Ha fatto bella ogni cosa”.

È vero, la vita è piena di cose belle, come la vita di Natalia, e il nostro cuore di fronte alla bellezza si butta, con tutto l’entusiasmo che ha dentro. Natalia l’ha fatto quando si è innamorata a 15 anni di mio padre, l’ha sposato a 18, ha cominciato a produrre figli a 20. Siamo 5 vivi, ma ce ne sarebbero anche altri 3, oltre alla squadra di calcetto che voleva fare mio padre.

Ma tutta questa bellezza che ha avuto, matrimonio grande, ma dopo 42 anni di matrimonio e 5 figli, questa bellezza non ha placato il suo cuore, ed è stata tutta travolta in un abisso di tristezza. Per 13 anni in un baratro di depressioni diventate incurabili, perché, diceva lo psichiatra, “questi non sono di origine organica”. I farmaci rimediano solo i sintomi, questi hanno un’origine esistenziale, lei sta male di vita, è umiliata, ferita, distrutta.

Ma tutta la bellezza vissuta prima? C’era tutta, non è che era scomparsa. Non era bastata a darle quella forza per affrontare quel momento duro. Era una bellezza precaria, vinceva il dolore, vincevano le ferite. Non solo perché il marito ed i figli si sono rivelati un po’ imperfetti, ma anche se fossero stati un marito e cinque figli perfetti, potevano colmare l’abisso di desiderio che aveva dentro?

Tutte le cose belle che ha vissuto fino a 56 anni non avevano placato il cuore, anzi, glielo avevano infiammato di più, perché la bellezza, se uno è serio e ci pensa, non placa il cuore, ma butta benzina sul desiderio.

Dopo che hai avuto quella cosa bella, tu la desideri di più! Questa è l’esperienza drammatica di uno che desidera.

Se uno è distratto gli sembra che quella lo plachi, ma quando l’hai goduta, mentre la godi ti accorgi che dopo desideri di più. Si dice che l’appetito viene mangiando oltre che digiunando. E’ vero! Perché avviene questo?

L’impressione superficiale che anch’io avevo un po’ in quel tempo era che aveva delle ferite, qualcosa che la stava facendo soffrire molto, diceva il neuropsichiatra. Ma non era sufficiente. Se anche non avesse avuto quelle ferite il suo cuore era una voragine di desiderio.

La prima lettura che non ho scelto io, c’era, m’ha fatto luce quando l’ho vista. È l’ultimo libro del vecchio testamento che descrive, un libro leopardiano tristissimo con cui si chiude il Vecchio testamento.

Ormai l’incontro con la cultura greca aveva posto delle domande a cui non sapevano rispondere e perciò infatti dal 180 in poi sono scomparsi i profeti ebraici, nessuno ha avuto più il coraggio e la faccia di profetizzare qualcosa di bello. C’erano queste domande senza risposta che facevano dire “tutto è vanità, niente colma, niente placa”. E si sono messi ad attendere che accadesse qualcosa, perché a loro i conti non tornavano più dice questa lettura. Perché i conti non tornavano?

Dice l’ultima frase di del Qoèlet.

“ὅπως μὴ εὕρῃ ὁ ἄνθρωπος”” – il povero uomo non ci si raccapezza più – ἀπ ἀρχῆς καὶ μέχρι τέλους” – dal principio alla fine devi fare i conti, i conti non tornano più. Perché mai i conti non tornavano anche a Natalia? Le cose belle c’erano, la storia c’era.

“Ha posto nel loro cuore il marchio dell’eterno”.

Tutte le cose sono belle ma ognuna ha il tempo limitato, “ἐν καιρῷ αὐτοῦ”. Ma dice che Dio, il Mistero, l’uomo si ritrova dalla nascita τ”ὸν αἰῶνα ἔδωκεν ἐν καρδίᾳ αὐτῶν”.

Scusate mi vengono in greco ma queste cose che te le ricordi per tutta la vita. Quando trovo una frase sintetica che descrive il dramma che ho dentro, mi rimane qui.

Mi ha messo in cuore “ἐν καρδίᾳ αὐτῶν”, “τὸν αἰῶνα”, il marchio dell’eterno, il fuoco, il desiderio dell’eterno, del per sempre.

E’ per questo che i conti non tornano, tu hai delle cose bellissime, ognuna ha un tempo limitato, c’è un tempo per e un tempo per, fai dei figli e poi i figli si sposano, per essere giovani e per essere vecchi, per andare in pensione ma di pensione ce ne aveva pochissima. Ecco perché i conti non tornano, hai delle cose belle ma piccole. Dentro il cuore la voracità desidera l’eternità, la perfezione, l’infinito, ogni cosa la spremi in trenta secondi come un limone, ne fai un spremuta, non resta niente, non perché le cose sono brutte, erano tutte belle, erano ancora tutte li, ma sono sproporzionate al desiderio, sono semplicemente piccole. E tu scopri che le cose più belle non ci sono date per farci felici, non ce la faranno mai, ci sono date come segno di Chi ci possa fare felici, indicano una cosa più grande.

Gli diceva appunto ai cinesi che volevano i suoi scritti. Siete proprio stupidi come i cinesi, mentre il saggio indica la luna questi qui guardano il dito, le cose sono il dito che indica la luna, una cosa più grande del dito. Il marito perfetto, i figli perfetti, non basterebbero anche se lo fossero stati.

Ecco, è in questo abisso di desiderio che nascono quei tredici anni in cui è sprofondata nella tristezza Natalina , non perché le cose erano un po’ limitate ma deludevano, perché il cuore comandava pure le cose. E questa tristezza è durata tredici anni, la cosa buffa, misteriosa, da capire, è che non è finita quando sono finite le ferite che la facevano tanto soffrire, lei è rinata, ma è rinata prima che finissero le ferite, le ferite sono durate altri tre anni e mezzo/quattro, ma lei è rinata prima di scendere dalla croce, ha trovato un’altra sorgente di vita, mi disse un giorno: vedi, ho capito che la famiglia è come una azienda, finché fa dell’utile ci va bene, ma la mia adesso è in rosso, mi serve energia, ho bisogno di liquidità. Usava questi termini dovendo gestire una famiglia con pochi soldi. Ho bisogno di rifinanziare l’energia. La mia famiglia, quando andava bene, mi dava carica, adesso invece è una azienda che va in rosso, mi stanca, mi svuota, mi svuota! E’ diventata per me terra di missione, non un luogo di alimentazione, mi serve una nuova energia, cominciò a guardarsi intorno, cominciò a sfidare chi incontrava, e noi che siamo della famiglia sappiamo come ha cominciato a muoversi, la prima cosa che fece in quelle condizioni lì, mi diede 200 mila lire per andare in una agenzia di viaggi a comprare un biglietto aereo per andare in Palestina, a rincontrare Cristo, poi dopo non molto tempo volle andare a Fatima, poi andò a Lourdes, voleva sempre venire in giro con me, abbiamo girato mezza Europa, lì dove siamo, chi conosciamo, in Svizzera, in Francia, ricominciò a leggere. Ha scoperto un’altra energia, e quando, man mano che la trovava, l’assaporava, era entusiasta di raccontarla, la gente a cui lo raccontava vedeva che aveva un’altra faccia.

Ecco, noi abbiamo conosciuto una seconda Natalia: prima c’era la Natalia del dovere, dedicata al dovere, buonissima ma tristissima, dopo la Natalia del desiderio. Ha detto: se gli altri non mi vogliono bene comincio a volermi bene io, adesso prendo sul serio i miei desideri, io non sono fatta male, io sono fatta bene, voglio ubbidire ai desideri che ho dentro. E tu la guardavi e diceva anche senza dirlo: non avere paura, guarda me, non avere paura dei tuoi desideri, esiste quello per cui il tuo cuore è fatto, vedi, in me, un po’, esisti, guardami in faccia, in me esisti, io sto provando al mio cuore a desiderare, cercalo pure tu, prenditi sul serio. Noi non siamo sbagli della natura, non siamo fatti male. Questa è la seconda Natalia che noi abbiamo conosciuto. Come è passata dalla prima alla seconda? Che cosa è accaduto? Cos’è che la rendeva dopo così certa, così audace? Intercettava la gente, a volte usciva con dei giudizi! Ha fatto la terza elementare, aveva sempre letto pochissimo, ma da dove gli vengono? Che cosa ha visto questa qui? Per la sua acutezza e profondità, centrava sempre il punto, faceva sempre gol! Chi l’ha conosciuta può intuire, ha potuto intuire cosa gli è successo. Comunque è evidente che lei è rinata, sui sessanta anni, e ha mostrato a tutti che si può cambiare, che si può rinascere. Che non è affatto vero che noi siamo condannati a seguire la parabola della curva asintotica della natura, no! Perché a quell’età li, io che ne ho 72 lo so bene, gli ormoni sono già finiti, le cellule danno già i messaggi di morte, direbbe Freud, tutto è scritto, comincia la pulsione ad andare verso la morte, il corpo va giù, giù, giù; negli anziani è così. Invece il suo corpo ha cominciato ad andare su, su, su. Si vedeva che era lacerata dentro. Soprattutto gli ultimi mesi quando ha fatto sette volte la spola tra l’ospedale e la casa protetta. Non andava bene da nessuna parte perché non era malata, non aveva malattie, era semplicemente vecchia, con un equilibrio delicatissimo, e se la rimpallavano perché avevano paura delle denunce, ci ha fatto pure firmare, poveretti, li capisco.

Aveva degli occhi che ti guardavano e ti trafiggevano, ti guardavano dentro e oltre te. Cercavano qualcosa che neanche tu gli potevi dare. Mi è venuto in mente l’altro giorno che ero li con Davide Barnabè, di Castel Bolognese, la penultima volta che l’ho vista ero con lui, ci guardava così, ci guardava, ci seguiva, ci trafiggeva. Mi è venuto in mente quello che è successo cinque giorni prima che morisse il babbo, nell’ospedale di Imola, una sera, era già tutto intubato, ad un certo punto mi da una gomitata e mi dice “cavati di lì”. Pensavo fosse la morfina che gli aveva fatto effetto, invece … “i conti devo farli Lui!” C’era un crocefisso attaccato sulla parete ed io mi ero messo in mezzo tra lui e Cristo e lui i conti voleva farli con Cristo. Mia madre è così. L’ultima volta mi trapassava e sembrava guardasse oltre e cercasse quello che, da una vita, faceva bruciare il cuore anche a lui. Nessuno è mai perduto, dice la storia di Natalia. Si può rinascere in qualunque momento della vita. Ecco, mi piacerebbe fossimo amici per aiutarci a rubarle il segreto, quello che l’ha fatto passare alla “numero due”.