Omelia 7 maggio
“Io sono il pane, chi viene a me non avrà fame e sete mai”.
Qui non c’entra la fame dello stomaco, è la fame del cuore la sfida che Gesù porta nel mondo.
Io sono il pane per la fame del cuore e io sarò sempre con voi. Sarò il pane che potrete mangiare ogni volta che avrete fame, ma io, la fame non ve la tolgo; vi toglierei il cuore, farei degli anoressici, senza desideri.
Il contrario: vengo a darvi un pane che vi autorizza ad aver fame, che la sveglia questa fame, che fa crescere l’umano; io lo infiammo, lo sveglio, li faccio crescere, i desideri, il gusto dell’umano, di tutto; io non vi tolgo l’appetito, io ve l’aumento.
Chi segue me – questa è la sfida più bella del cristianesimo, di fronte alla quale nessun uomo che sia umano può essere indifferente – rende chi lo incontra e lo accoglie un uomo più audace nel desiderio. Esattamente quello che accade a Stefano, che viene lapidato esattamente per questo.
Mentre lui parla lo vedono in faccia. Dice: “Cominciano a digrignare i denti”. Non lo sopportano, perché è terribile per un uomo che ha addosso il desiderio dell’eterno e lo esibisce e con quello ci infiamma tutto il resto, un uomo così non ti dà tregua; se tu lo incontri devi decidere: o ti lasci contagiare nel cuore e ti converti e lo segui, o lo devi uccidere, come fanno con Stefano. E uccidendo Stefano, si suicidano dentro di sé. Infatti Saulo fa così, dice che è lí ed essendo ancora minorenne per poter partecipare alla lapidazione, bada ai vestiti di quelli che se li son tolti per lanciar meglio i sassi e dice che Saulo “approvava la sua uccisione”, perché non lo poteva sopportare uno così, perché non era ancora disposto a convertirsi, cioè non tanto a voler bene a Gesù, ma convertirsi vuol dire voler bene a se stesso.