Omelia Don Carlo 26 maggio 2019

Omelia 26 maggio 2019

“Vi dò la mia pace ma non come la dà il mondo”.

Che differenza c’è tra la pace di Cristo e quella del mondo?
Nel mondo la pace è assenza di guerra, quando “va tutto ok”, “no problem”, questo è “sto in pace”.

Per un ebreo, come Gesù, shalom, pace – in arabo si dice sālam – indica la pienezza del bene, il bene che riempie, il bene che non lascia un vuoto nel cuore.

E questa pace è evidente che non si trova nel mondo perché tu la guerra ce l’hai dentro: la guerra tra i tuoi desideri e le cose che non soddisfano mai pienamente nessun desiderio.
Allora come fa Cristo, che è realista, a dire “vi dò la pace” se Lui ha chiaro che la pace nel cuore non c’è, che le cose non lo soddisfano mai?
Perché la pace di Cristo, per essere pace, non ha bisogno di eliminare la guerra, la Sua pace è nella guerra, è indipendente da come vanno le cose, se è “tutto ok” o no, se ti soddisfano o ti deludono. Cristo, infatti, è un Dio che viene dentro la guerra, che combatte la guerra con me, tutta, dalla guerra dell’essere partorito alla guerra sulla croce; non solo la combatte con me, ma la perde pure, viene torturato e muore a 33 anni. Eppure, anche se è in croce, è in pace: “Padre, nelle Tue mani, mi abbandono totalmente”. La mia pace sei Tu. Gesù è in pace non perché è fuori dalla guerra, la guerra è guerra; è in pace perché per Lui Dio è tutto. È Dio – shalom (pace) – quello che è il bene che ti riempie il cuore. Vuol dire che quando io non ho pace dentro di me, di qualunque tipo, non è perché le cose non sono ok o perché sono in guerra, è che a me non basta Dio, è che per me Dio non è tutto, è appiccicato, è perché Dio non è la pienezza. 
Gesù è in pace sulla croce e mi dimostra con la Sua faccia – ed il centurione lo vede bene: “Ma questo è il figlio di Dio” – che Dio può metterti in pace anche se sei sulla croce e lo dimostra non solo con la croce, perché la croce non è bastata. La croce ha spaventato tutti, anche gli apostoli che sono fuggiti dalla croce. La croce di Cristo, la passione di Cristo non basta a dare pace.

San Paolo diceva sempre agli altri apostoli: “Sarà commovente finché volete la passione di Cristo, ma non dà pace e non dà entusiasmo”. 

E infatti Gesù – che lo sa bene – oltre la croce ha donato degli altri fatti storici che fondassero, che rendessero evidente, la possibilità della pace. Lo dice in questo Vangelo: “Adesso vado e tornerò perché quando questo avverrà voi crediate”: abbiate dei fatti evidenti che vi danno le ragioni per credere, per essere in pace. Vado – cioè muoio – tornerò risorto; mi vedrete, mi abbraccerete, mi toccherete come Tommaso, come Maddalena e sarete certi che la pienezza c’è, che quello che riempie il cuore c’è e sarete certi perché l’avrete tra le braccia, definitivo. Quando Tommaso è lì, davanti alla ferita, è evidente; quando ad Emmaus spezza il pane è evidente, quando Maddalena lo placca: “Noli me tangere”. 
Mi spiace se spavento anche i device diabolici, ma quella pienezza fa tremare il mondo. Sarete certi quando mi avrete fra le braccia. Avrete tra le braccia, anche dentro la guerra, quella pienezza e sarete certi.

Quindi, per fare l’esperienza della pace di Cristo bisogna, ogni giorno, poter avere l’evidenza dei testimoni di Cristo Risorto. Non basta il Crocificco, occorre il sepolcro vuoto con le apparizioni di Cristo risorto. Si può vivere in pace anche dentro la guerra se ogni giorno si può fare l’esperienza che più di 500 persone hanno fatto tra la resurrezione di Cristo e l’ascensione di Cristo al cielo. Senza l’esperienza di quei più di 500 testimoni – dice Paolo nella prima ai Corinzi (al cap. 15) – senza quelle esperienze lì, tu non puoi essere in pace mai; anche quando è “tutto ok” all’americana o il “no problem” come gli svizzeri!
Dove mi accade ogni giorno, come accade a Pietro, a Giovanni, alla Maddalena, a Saulo a Damasco?
Se accade quell’esperienza, io, da quel giorno, ho sempre la pace di Cristo e quando non ho pace è perché io quel giorno, in quel momento, non vedo dove abbracciare Cristo risorto.