Omelia Don Carlo 7 aprile 2019

Omelia 7 aprile 2019

“Ecco Io faccio una cosa nuova”

Annuncia Isaia. Dio è Uno che fa, non Uno che dice di fare. La fede ebraica non è una morale, qualcosa che io devo fare, ma è conoscere qualcosa che fa Dio che io devo capire.
Perché il mio primo bisogno – un bambino lo sa bene – è il bisogno della verità: ma cos’è questo? Come si chiama? Perché? Il bambino ti tempesta, è assetato di verità. E Gesù dice che se non tornate così assetati come i bambini voi non crescete. Il bambino cresce finché conosce. Quando pensa di saper già, è fermo, non cresce più. Ricordo la tristezza che mi prese in uno dei primi periodi che ero a san Giovanni in Persiceto nel ’78: mi buttai nella mischia e andai a un concerto rock, là in un prato fuori, nella periferia del paese, per entrare dentro la mischia di tutti questi giovani che erano lì. C’era di tutto. E la cosa che mi ha intristito è che la canzone ricorrente, il leit motiv, di questo festival era “I don’t care, I don’t care”. Questo ritornello ossessivo: “Me ne sbatte, me ne sbatte, me ne sbatte”, “Non mi interessa, non mi interessa, non mi interessa”. E faceva l’elenco delle mille cose che ci sono nel mondo, e io: ma come? A me interessa tutto. Ma possibile che a 18-20 anni, l’ideale sia “non m’importa” “I don’t care”? Triste perché a me si spalancava il mondo e questi qui se lo chiudevano in faccia. Ma così uno non cresce più.

“Proprio ora germoglia [Ribatte Isaia] non ve ne accorgete?”

Perché se non capite ciò che accade, che sta germogliando, voi non cambiate, siete come gli altri. Non portate più niente di nuovo nel mondo. Perché la novità non viene da quello che avete fatto voi – che già sapete – o da quel che sentite, ma la novità accade davanti a voi, la fa il Mistero, ogni istante. È tutto nuovo. Mi viene in mente Pasolini quando parla dell’angoscia, dice: “solo l’amare, solo il conoscere conta, non l’aver amato, non l’aver conosciuto, dà angoscia vivere di un consumato amore”. Che tristezza il consumato amore, è quello che dà l’angoscia. Quando hai consumato tutto non conosci più niente.
Quando abbiamo l’angoscia è per questo, dice “l’anima non cresce più”. Quando non ci sentiamo più crescere, non c’è più novità è, appunto, per il consumato amore: abbiam consumato tutto e non siamo più interessati a niente, non cresciam più. Invece il mondo cambia se… Io cambio il mondo se ogni istante accade a me la novità. Come Paolo. Perché Paolo è diventato così grande? Mica era più bravo di quegli altri, mica perché la sapeva più lunga. Non è il carattere, non è niente. Paolo, lo dice lui in questa lettera ai Filippesi, è grande per quello che gli accade e che lui accoglie in quell’istante. Il fatto imprevisto a Damasco. Dice: quando l’ho visto Cristo, dice proprio letteralmente ὀπίσω ἐπιλανθανόμενος ἔμπροσθεν ἐπεκτεινόμενος, “dimentico del so-già, proteso a ciò che è lì davanti a me”. Sapeva già tante cose, era il più bravo dei farisei, ma si protende a quello che gli sta accadendo e capisce che lì c’è la novità del suo passato. Lui non difende il suo passato, sa che è il futuro che salverà il passato. È come…avete presente quando in una tabella excel butti dentro un dato nuovo nel Z-A o A-Z, e ti cambia la somma, ti cambia tutto?! Il dato nuovo rivoluziona tutto. Ecco, la vita nostra si rivoluziona per un solo dato nuovo, cambia la somma, cambia la Σ.

È un brutto segno quando l’uomo teme il nuovo, teme il futuro, quando si mette in difesa, perché se il tuo passato non è capace di abbracciare il fatto che ti viene incontro, quel passato non è vero. È il futuro che rende vero il passato, che dimostra che il passato è vero.
Paolo è tutto lì teso, spalancato. È vero che quello che ha davanti compie il suo passato, lo abbraccia. E un uomo così, è cambiato lui, e cambia quelli che lo incontrano, perché ogni volta che uno incontra Paolo si deve schierare: o entusiasta-pro, o nemico-contro. Un uomo che cambia costringe a schierarsi, a riposizionarsi quelli che ha davanti.
Che tristezza – non ve la fanno a voi?! – i politici che qualunque cosa o fatto nuovo accade, glielo sbatton in faccia i giornalisti e che fanno loro? Ripetono continuamente la loro linea, che è quello che hanno promesso ai loro elettori. Ma andate a quel paese! La realtà non li cambia più, è motivo solo per ribattere, per essere coerenti con i loro programmi. Ma l’ideale cristiano non è mica la coerenza, è l’incoerenza! È lasciarsi rinnovare da quello che accade. Un uomo che è coerente è finito, è già morto l’uomo coerente, perché non aspetta più niente.

Come davanti a Gesù, davanti all’adultera: c’è il suo peccato, c’è il perdono di Cristo e questi cosa fanno? Rifiutano di vedere il miracolo e dice che se ne vanno, “uno per uno a cominciare dai più anziani”. Appunto, anche i vecchi sono già anziani, e non cambia più. Per rifiutare di rinnovarsi, vanno via.

Se ne andrà anche la donna, ma diversa da come è stata trascinata lì. Va, le dice Gesù, ma per non peccare più.: è arrivata distrutta, va e può essere una donna nuova.

Il cristianesimo non accade fuori dalla realtà. Non è la fede in un Dio che è fuori, è in un Dio che ti viene incontro rinnovando la realtà. Perciò è per tutti. Non c’è neanche bisogno di essere religiosi e di chiamarlo Dio. Bisogna solo guardare e accettare di conoscere e di ospitare quello che ti sta accadendo. È lì che accade Dio.