omelia 23 gennaio 2019
“È lecito il giorno di sabato fare del bene o del male?”.
È lecito? È proprio una domanda legalistica che gli sbatte in faccia. Perché per loro l’importante era il lecitus, quello che è secondo lex, secondo la legge.
Uno schema prestabilito, una forma esterna imposta alla realtà, che fa violenza alla realtà, ferisce e intristisce e che non può venire da Dio. Dal Dio di Gesù mai verrà una ferita, un’imposizione.
È per questo che Gesù reagisce così duramente e dice: “guardandoli indignato e rattristato per la durezza dei loro cuori” per l’insensibilita al cuore, al loro innanzitutto. Il cuore è fatto per gioire per essere abbracciato non per essere costretto da qualcosa di esterno. Questa indignazione, questa tristezza di Gesù sono preziose perché per contrasto sono illuminanti, mostrano… ecco, mostrano la rivoluzione etica del cristianesimo nella storia che pone fine definitivamente al legalismo.
Per Gesù, per noi cristiani, il criterio etico per fare le scelte se è bene o se è male fare una cosa non è se una cosa è lecita ma se una cosa è vera, è bella e buona, se rende me vero, felice pienamente realizzato. Questo è il criterio del bene e del male che sia scritto in una legge non conta niente.
San Tommaso, il genio del pensiero Cristiano medioevale, dice che l’etica cristiana è eudemonistica. Realizza l’eudemonia che è la felicità piena e totale dell’uomo. Cosa comporta questo come esperienza quotidiana?
Comporta il mio protagonismo che sono in gioco io, il mio cuore.
Sono io che dico se sono felice, realizzato oppure no. E’ la mia ragione che giudica, la mia libertà che decide e che sceglie.
Comporta che, perciò, io sono libero davanti a tutti ed anche – sembra blasfemo – libero anche davanti a Dio. Perché Gesù nel vangelo non dice mai: “Tu devi”. “Se vuoi vendi tutto, vieni e seguimi!”.
E’ proprio perché si affida al “se vuoi” al mio “voglio” che Gesù è l’unico che la mia vita la merita propria tutta, la merita anche stamattina.
Io sono libero e lieto di offrirgliela anche oggi.