Omelia 03 dicembre 2018
“Saliamo al monte del Signore, al tempio del Dio di Abramo.”
L’esortazione profetica di Isaia, interprete potente, vivido, acutissimo, immaginativo della fede ebraica, che non è fede nell’esistenza di Dio, ma nella Presenza di Dio. Dio non esiste, chissà dove. E’ un Dio che viene ad abitare nel mondo: “Benedetto Colui che viene”. In un popolo, in una razza, su una terra, su un monte, in un tempio. Nei margini, nell’alveo di una legge: lì tu incontri Dio, ne fai esperienza.
Ma solo lì. Quell’esperienza direttamente e pienamente solo per quella razza, per quel popolo, per quel sangue, su quella terra, su quel monte, con quella legge.
Tu nasci ebreo, non lo diventerai mai! Nasci dal sangue materno, perché la paternità non è mai garantita, al massimo se non nasci ebreo, puoi diventare un proselite, cioè un “approsimatum”, un simpatizzante, ma che non gode mai di quella pienezza!
Quello è il popolo eletto e quella predilezione è esclusiva, per loro era un gran privilegio, poco o tanto. Fino a quando un ebreo, un giorno, Gesù di Nazareth, sconvolgendo quest’orizzonte esclusivo, dice – vangelo di oggi – davanti al centurione che era un pagano, un romano, era lì, a rappresentare il conquistatore, e dice di lui: “Molti verranno da oriente, da occidente, a mensa con Abramo”. Agli occhi di Gesù, nel cuore di Gesù, la promessa non è esclusiva ma è inclusiva, è per tutti! Nessun uomo è escluso, nessun popolo, nessuna razza, nessuna terra, nessun tempio, niente! Tutte queste cose non contano più: né giudeo né greco, né schiavo né libero, né maschio, né femmina, non conta più niente! Cosa conta per fare quell’esperienza? Per incontrare Dio e fare esperienza di Dio in questo mondo?
Conta quello che Gesù ha davanti agli occhi in quell’istante, il centurione pagano che rappresenta il conquistatore, pure lui che noi siamo portati ad odiare. “Non ho mai visto in un uomo una fede così grande come in questo nemico”. Per fare l’esperienza di Dio presente, serve solo la fede del centurione, una fede grande, grande perché lui dice (come diciamo ogni volta prima della comunione): “Non sono degno. Dí soltanto una parola”, ma in quella parola dimmi che cosa vuoi, dimmi chi vuoi.
Se tu vuoi Lui, Lui viene a casa tua, viene nel tuo cuore, perché Dio dimora nel cuore di un uomo libero. Non nella terra, non in un tempio, non in un monte, non in una legge, non in un sangue.
Conta il cuore di un uomo libero e un cuore libero ce l’hanno tutti, perché il cuore di un uomo può in ogni istante dire una parola e mettere in una parola la brama che ha dentro, l’intenzione potente per cui vive.
Davanti a Gesù non ci sono impedimenti alla fede, se non l’impedimento della tua libertà, che può dire una parola, dicendo sí, ma può dire una parola dicendo no.
Credere è il gesto più semplice e più drammatico perché è un gesto tuo. E su di te, su te stesso comandi solo tu. Neppure Dio comanda sul tuo cuore. Dio viene nel mondo apposta per gustarsi lo spettacolo della tua libertà, della libertà del cuore degli uomini, per vedere che cosa ogni uomo decide di fare di se stesso.