*Omelia 23 Dicembre 2018*
“Signore fa splendere il tuo volto e noi saremo salvi”.
Ogni volto umano risplende, è bello, ma mai abbastanza. Resta sempre, in ogni sguardo, un punto d’ombra, anche sul volto; anche nel volto più suggestivo, vibrante – com’è quello dell’innamorato – c’è uno splendore che non basta, non fa luce abbastanza dentro e il tuo cuore dice che non basta. E un cuore vivo grida, ma al Creatore: “mostrami il Tuo volto!”. Gli ebrei, come in questo Salmo, gridano: “Signore fa splendere il Tuo volto”. I nostri non splendono abbastanza. Tutta la storia del popolo ebraico è questo grido che ancora, dopo quattromila anni, grida che Dio faccia splendere il Suo volto, non l’hanno ancora visto splendere.
E come si fa? Da cosa si capisce che risplende il Suo volto, magari nei nostri, in un volto umano? Qual è l’indizio per cui dici “questo è il volto di Dio, in questo volto umano risplende il Tuo: che bello!”? Qual è l’indizio che è accaduto –
l’indizio che gli ebrei non hanno potuto intercettare?
“Il tuo saluto [dice Elisabetta sussultando] giunge ai miei orecchi e il bambino sussulta di gioia dentro le mie viscere”.
Ecco, Maria entra in quella casa, saluta, Elisabetta la vede in faccia e sussulta tutta, sussulta pure il feto dentro di lei. È quella vibrazione questo sussulto di gioia, è inequivocabile: un sussulto – non rimane come era prima – che mette quelle due donne (il feto non ha coscienza, ma loro due sí) davanti a Dio. Una dice all’altra: il tuo volto è quello lì! O meglio, nel tuo volto brilla il Suo! Questa gioia che proviamo viene da Dio.
Pensate i tre mesi seguenti vissuti come uno tsunami di questa vibrazione, di gioia, perché un dio che non porta gioia non è Dio, almeno non è il mio. Non riesco neanche a immaginare io, nella mia concezione rigorosa, che da Dio non possa venire se non la gioia; mi fa una pena quando continuamente sento, da tantissima gente, quest’idea fatalistica: “perché Dio mi dà questa disgrazia”…ma sei scemo?! Io non ho mai pensato una volta – mai! Non ci sta! Io la ragione la uso! – che da Dio possa venire qualcosa d’altro che la gioia; se c’è, viene da un’altra parte, non può venire da lì sennò quel Dio lì non riguarda me! Non ne discuto neanche, tanto mi fa venire pena questo pensiero terribile, questo fatalismo, questo destino cupo, per cui tutto viene da Dio, come se noi fossimo degli iPad e c’è uno con un super-mega computer che manda tutti gli allegati con il bene e il male addosso alla gente. Terribile questo pensiero.
Mi interessa di più impiegare il tempo e quel filo di corde vocali che ancora vibra in un’altra domanda: ma che affezione è fiorita tra quelle due donne in quei tre mesi? Fra due persone che anche solo in un istante si guardano così? E uno riconosce nel volto dell’altro lo splendore del Suo, nella gioia che si prova in un moto di affetto, in un gesto di affetto, quel sussulto, quella vibrazione che ha sconvolto perfino un povero feto.
Questa è la domanda interessante, l’unica domanda seria che può cambiare il mondo, perché se il cambiamento non comincia da qui, dal cuore, e dalla febbre, dall’affezione in cui il cuore vibra e non è sussulto di gioia, non c’è nessun mondo nuovo. È un tristissimo remake del vecchio.
Dove accade a te questa vibrazione di gioia che ti mette davanti a Dio e ti rende libero (perché da quell’istante i conti li fai solo con Lui, di quel che ti dicono gli altri non t’importa)?
Dove accade per te questo?
Perché se non sai rispondere vuol dire che Dio, cioè Cristo, tu non l’hai mai incontrato, o se L’hai incontrato te Lo sei perso per strada.