Omelia 1 ottobre
“…una discussione tra i discepoli, chi fosse il più grande.”
Ed è colpa di Gesù questa discussione, perché Lui è grande tra loro, è il più grande e vedendo Lui gli viene voglia di essere grandi come Lui. Perché in Lui si vede per quale grandezza noi siamo stati fatti, si vede giganteggiare la statura umana, si vede un Uomo reso grande dalla fede, si vede un Dio, nella Sua faccia, che non schiaccia l’uomo e si capisce che in Gesù la gloria di Dio coincide con la gloria dell’uomo.
Loro questo lo vedono, lo desiderano per sé, e lottano per questo, non sono delle pappemolli, discutono, litigano, sgomitano, ci tengono a vincere.
E in questo non sbagliano, non è su questo che vengono corretti, cioè nel voler diventare grandi. Ma è sulla concezione della grandezza, è che sono confusi, equivocano su ciò in cui consiste la grandezza.
Prende il bambino, glielo sbatte davanti e dice: “Chi è il più piccolo, questo è il più grande tra voi”.
Il grande non è quello che ha più potere, è il più piccolo, chi si sente piccolo, chi si riconosce piccolo nelle capacità, nel potere, rispetto al desiderio.
Quello che è grande in un uomo è il desiderio, o meglio ancora, il desiderio no, il desiderio ha sempre per oggetto delle cose piccole, dice: “Questo, questo, questo”. È ciò che desidero desiderando quella cosa piccola, l’esigenza implicita, nascosta, dentro un desiderio piccolo. L’uomo grande è quello che si sente piccolo rispetto a ciò che lui sente di desiderare, è quello che sente la sproporzione. Ecco, è quello che sente la sproporzione tra le capacità e il desiderio, sente che c’è un abisso tra quello per cui è fatto e quello che lui può.
E su quell’abisso c’è solo un ponte che si può lanciare: il ponte della domanda.
Solo domandando lui colma quell’abisso, la grandezza si realizza solo se la domanda a Chi gliela può dare.
Quindi grande, dice Gesù, è chi domanda. E basta. Non chi può, ma chi domanda.
Se grande è chi domanda, allora questa è la cosa più democratica che esista: non è esclusiva, è veramente per tutti, perché chiunque può domandare la grandezza, chiunque la può domandare! Realizzarla no, domandarla sempre! A chi è impedito di domandare? Per quanto sei piccolo, impotente, incapace, distrutto in tutti i modi, tu hai il potere di dire: “Dammi la grandezza, dammi l’infinito”.
Non costa fatica la domanda, la domanda non costa!
Questo è quello che ci fa grandi, perché permette che il cuore si dilati al punto che faccia passare il Grande, l’Onnipotente, Lui che può tutto!
La conseguenza è drammatica, perché vuol dire che se io non divento grande, mi sento depresso, piccolo, non cresco, non cambio, sono sempre lì, è colpa mia, perché io non domando!
Dio non vede l’ora di darmela la grandezza, mi ha fatto per questo: “Son venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”.
Un nota bene finale: domandare non è – come viene ridotto in un pietismo popolare e ottuso – “allora vuol dire che devo pregare di più”, domandare non si riduce al pregare, perché domandare veramente è conoscere!
Come faccio a domandare a Dio una cosa se non la conosco?! Se non ho conoscenza della grandezza per cui son fatto, della grandezza che Lui è?!
La preghiera, come richiesta, è direttamente proporzionale alla conoscenza!
Se tu hai una mente meschina, piccola, piccola, piccola e pensi che Dio è piccolo come la tua testa, gli domanderai delle cose, le “per grazia ricevuta” dei santuari!
Più conosci l’abisso del tuo cuore, quello per cui sei fatto, più vedi Gesù, più conosci la Sua grandezza e più la domandi!
Non c’è una preghiera che non nasce dalla conoscenza, è un pietismo che rende le persone rachitiche.
Essere grandi vuol dire essere assetati di conoscenza, di scoprire il mondo!
Appunto come il bambino che Lui ha messo in mezzo e dice: “Chi lo accoglie, questo è il grande!” Perché il bambino avrà tutti i difetti, ma è curioso e assetato della conoscenza, voglioso di crescere! Glielo vedi in faccia, in ogni fibra della carne!