Omelia Don Carlo 20 settembre 2018

*Omelia 20 settembre 2018*

“ (…) Secondo le scritture, secondo le scritture (…)”

Un ritornello in Paolo, ma anche in tutti gli annunciatori. Accade quello che era stato scritto, cioè che era stato promesso, che tutti attendevano: Gesù è quello che compie le promesse. La natura mai compie le promesse, la vita è tutta una promessa, i bambini sono pieni di promesse che la vita gli dà. Promesse che resteranno sempre incompiute. Il grido amaro di Leopardi alla natura: “Perché non mantieni poi quel che prometti allora.” La natura è matrigna, è vero! Cristo, invece, compie le promesse: questo pretende l’annuncio cristiano.

Come fa Paolo ad avere questa perentoria certezza? Dice: “Apparve ai dodici a più di 500 insieme ed ultimo anche a me”.

Apparve: sono i fatti accaduti nei 40 giorni dalla Risurrezione all’Ascensione! Non quello che è successo prima, quello è finito tutto in un sepolcro. Per Paolo la prova compiuta del compimento delle promesse sono le apparizioni accadute in quei 40 giorni. I tre anni prima sono parole bellissime, parabole, racconti, esperienze, gesti d’amore commoventi, ma tristissimi perché tutti resteranno incompiuti, saranno distrutti dalla morte in croce.

Infatti Paolo nelle sue 14 lettere non cita mai quello che è successo nei tre anni precedenti e non solo perchè lui non c’era, ma glielo raccontano, gli raccontano tutto, discorsi, parabole, miracoli, gli abbracci, i pianti della donna peccatrice, tutto, e lui dice: “ma se vi fermate lì, la vostra fede è vana”. Perchè quello finisce in niente.
Una storia bellissima, commuovente, ma disperata!

L’annuncio Cristiano, dice Paolo ai 12 apostoli, non può essere mai monco di quello che è successo nei 40 giorni dalla Resurrezione dai morti.
Se voi vi arrestate sempre, mettete l’accento su qualcosa che è successo prima, commuoverete pure la gente, ma li lascerete tristi.

Paolo ha deciso di spendere tutta la vita per incendiare il mondo con la sfida di quello che è successo in quei 40 giorni: non manca mai, nella motivazione dei suoi giudizi, un accenno a un evento in cui Cristo è risorto!
Perché lui può guardarsi indietro alla fine della vita, come dice anche in questa lettera – un flashback- e grida: “La Sua grazia in me non è stata vana!”. Non ho il senso delle spreco: non ho sprecato mai un istante, perché ho sempre messo l’accento su questo, tutto era incentrato su questo.

Quando noi abbiamo un senso di spreco, di frustrazione, di aver sprecato è perché abbiamo accentuato qualcosa di mortale, di finito… uno di quei fatti magari bellissimi in cui abbiamo fatto esperienza di quello che è successo prima che Cristo morisse.

No! Per non sprecare la vita, per evitare la frustrazione bisogna sempre mettere l’accento sull’essenziale e l’essenziale è quello che è successo in quei 40 giorni!

Questo è il respiro liberante che Paolo ha portato nella mia vita, che mi ha anche liberato dalla confusione: noi andiamo in confusione perché puntiamo la punta del compasso su qualcosa di bello, di commuovente, ma che finisce, invece la chiarezza viene soltanto quando poni sempre esplicitamente l’accento su quello che è accaduto in quei 40 giorni perché l’essenziale è questo.