*Omelia 22 maggio 2019*
Oggi è la festa di Santa Rita: una donna precisa, concreta come noi, santa però. Santa vuol dire partecipe del divino, segno del divino. Santa, dall’ebraico, è un aggettivo che si attribuisce solo a Dio oppure alle persone e alle cose toccate da Dio, che partecipano di Dio, che tu le vedi e sei davanti a Dio, sei costretto a pensare a Dio.
Ma qual è il Dio testimoniato, indicato, partecipato da Rita, da un santo cristiano?
“Io sono la vite vera” dice Gesù.
Il Dio che noi riconosciamo si identifica con la vite. Fa rabbrividire i fondamentalisti del Medio Oriente, se pensano che un Dio si identifica con la vite che è il frutto più simpatico perché produce il vino. Il vino fa godere, il vino rende allegri, il vino è festoso, il vino allenta anche i freni inibitori, ti alleggerisce, fa ridere, è un antidepressivo.
Si fa apposta per alleggerirsi la vita quando stressa troppo. Bene! È blasfemo per i fondamentalisti seriosi pensare che Dio si identifichi con la vite che produce il vino.
Non bastasse, il primo miracolo, il primo gesto pubblico di Gesù è stato andare a una festa di nozze e alleggerire velocemente quei suoi dodici amici, le botti e quei poveri due sposi.
Questo è il nostro Dio, questo è il Dio testimoniato da Rita o da tutti i santi cristiani, un Dio edonista, un Dio godereccio.
Come fa questo Dio a renderci santi, a renderci così festosi?
“Il tralcio che porta frutto [questo Dio] lo pota perché porti più frutto.”
La tecnica con cui Dio fa diventare santi gli uomini che lo seguono è la potatura. L’ho fatta per tanti anni fino a ventinove anni.
La potatura consiste nel togliere da un albero, in questo caso la vite, il rischio dello spreco che vengano tagliate via tutte le gemme mezze secche, secondarie, esterne, che sprecherebbero tanta linfa del fogliame utile e gli si lascia solo le gemme feconde e potenti che fanno i grappolini di uva; e la vite, se accetta di convogliare lì tutta la sua energia, invece che piangere le gemme tagliate, le concentra tutte sull’unica gemma rimasta, quella vite fa un buonissimo vino.
Ecco, Dio ci fa diventare santi se accettiamo di essere potati, se ogni volta che perdiamo un pezzo, non piangiamo il pezzo perduto: che sia la salute, che sia soldi, che sia amicizia, qualunque altra cosa e pian piano la vita porta via tutto, invecchi se ti va bene e alla fine perdi tutto…
A Gesù quando è stato tolto tutto, perfino il respiro, il sangue, la mobilità, gli sono rimasti soltanto tre chiodi ed una croce romana, invece di piangere per tutto quello che gli era stato tolto e stava perdendo, ha messo il cuore in quei tre chiodi e in quella croce romana e ha dato il massimo frutto, ha mostrato veramente chi era, quello che aveva nel cuore.
Questa è la strada alla santità: accettare la potatura e non lamentarsi di quel che ti è tolto, mettere il cuore pieno di entusiasmo in quell’unica gemma che ti è rimasta.
Che virtù è quella che permette di accettare la potatura?
“Tutto questo l’ho fatto e l’ho detto perché la vostra gioia sia piena”.
La santità cristiana è per l’uomo che vuole la gioia piena, che non si accontenta delle briciole, che la vuole tutta, che di fronte a una scelta non si chiede mai: “Quanto mi costa, quanta fatica e quanto ci tengo?” Ma: “Quanto vale questa cosa?”
Vale la gioia piena e se ci metti il cuore tu diventi festoso come Dio che è venuto nel mondo, che comincia con la festa di nozze e che finisce con l’ultima cena. Questo è il Dio cristiano.
Noi siamo chiamati come Rita a rubare il segreto e a mostrarlo con la nostra faccia anche all’uomo edonista, superficiale di oggi, che si vuole godere la vita e basta.
Per quest’uomo è fatto il
Cristianesimo.