*Omelia 3 febbraio 2019*
“Desiderate intensamente i carismi più grandi”.
La sfida con il tono, prima ancora che con le parole, con lo sguardo di Paolo ai suoi amici di Corinto, che erano pur simpaticissimi, vivacissimi, dei fuochi d’artificio, ma si buttavano sempre su mille cose in cui si disperdevano, si spegnevano.
Questi sono i cristiani, dice Paolo: gente che vive per la grandezza e la cerca intensamente, gente che punta alle cose più grandi e per le cose grandi non bada a spese. Non si chiedono “quanto mi costa?”, ma “quanto vale questa cosa?”
Si dà la vita per la grandezza.
Per i cristiani il peccato ha un nome: meschinità, una cosa piccola; è l’accontentarsi di cose piccole, di meno del tutto. E qual è il carisma più grande a cui Paolo accenna? Il dono più grande che ha ricevuto: _charis_ , bellezza donata, regalata, che ti prende, che ti infiamma. Lo dice alla fine del brano: “Grande la fede, grande la speranza, ma la più grande di tutti i carismi è la carità”.
Bene, oggi non ci crede nessuno, neppure tanti cristiani; pensate che dicono “fare la carità” come se fosse una cosa che si fa.
Le cose più grandi di tutte sono i soldi, il potere, il piacere, la fama, il comodo. Tutto fuorché la carità, non ci crede nessuno. Ditelo in giro, provate oggi a chiedere: “Qual è la cosa più grande che più ti infiamma?”. Paolo la chiama, non _charis_ , perché _charis_ mette l’accento sull’origine, sul dono, ma non dice nulla sulla sostanza.
_ἀγάπη_ ( _agàpe_) , parola che usa anche Giovanni, il più profondo, con Paolo, degli apostoli, _Agàpe_, _Agàpao_ significa affezione ammirata, che nasce da un’ammirazione. Io ti amo tanto, ho questa affezione intensissima che mi brucia, che ti brucia, perché ti ammiro, perché ammiro la bellezza che vedo in te, perché ti stimo, perché sono preso dall’amore che vedo dentro il tuo cuore.
Questo è la carità: un amore pieno di ammirazione, pieno di stima. Cioè un amore motivato! Non ti amo per farti la carità cristiana, ma perché mi piaci, per la bellezza e per l’amore che vedo in te.
È la cosa più bella che può accaderti, dice, la più grande di tutte, la più grande cosa che ti possa accadere, dice Paolo, che è accaduta a me a Damasco la prima volta e poi non ha più smesso di accadermi è uno che ti guarda, che ti parla, che ti abbraccia e che ti bacia con questo sentimento, perché ti stima per la bellezza che lui ammira in te.
E dove lo trovi uno così? Chi ne è capace, dice Paolo, tra le righe?
E Giovanni, il suo amico, è esploso con lui in Asia minore, dove ho visto un mese fa le tracce che hanno lasciato questi due. Giovanni dice: “Nessuno, nessuno ne è capace. L’agàpe, la carità consiste in questo” – [Gv 1-4] dieci seguenti, in quella zona lì, dice – “L’agàpe consiste in questo: Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Dio che ha amato noi e ha mandato dal cielo Suo Figlio sulla terra”.
Cioè, la carità è un amore che non viene dalla terra di cui nessuno è capace sulla terra, è un amore che viene da cielo, ma viene sulla terra e può essere accolto sulla terra e da duemila anni lo si può incontrare sulla terra, può irrompere in un certo giorno nella tua vita, investirti, entusiasmanti, prenderti. Infiammarti e prenderti tanto che tu ti trovi così preso che ti senti voglioso e capace di amare così anche tu: ti accorgi che sei capace di imitare Dio, ti riempie tanto che te lo senti dentro, che ti vien fuori da dentro.
“Os loquitur ex abbundantia cordis”, dice un Salmo, la bocca parla di quel che ribolle nel cuore, te lo ritrovi addosso, non sai com’è, ma ti ritrovi questo brivido. Ti accorgi che ti sembra di guardare come guarda Dio, di amare come ama Dio. Ti sembra che sei un pover uomo che scopre di poter vivere “da Dio”.
E la gente ti guarda e se ne accorge e viene investita e ti accorgi che ormai anche l’altro si è incendiato e incendierà il mondo.
Il cristianesimo è questa esperienza. Come è accaduto per te, se non ti fosse accaduto mai non saresti qui, non sei certo attirato da questo brumoso inverno bolo. Ti è accaduto tante volte, in tanti modi, non ha smesso di accaderti. Non basta che accada una volta, non accade una volta per tutte. Per me non c’è una volta, c’è una volta che non ha mai smesso di continuare: quando? Come? Dove? Attraverso quali segni? Quali volti, soprattutto? Quali parole? Quali strumenti? In quali esperienze? Mica lo deve dire un’omelia?! Ma che amici siamo se quando ci incrociamo, ci guardiamo e ci abbracciamo, non ci raccontiamo questo!?