Omelia Don Carlo 24 febbraio 2019

La bellissima omelia di oggi!

*Omelia 24 febbraio 2019*

“Una misura buona, colma, traboccante vi sarà versata in grembo”.

Questa è la promessa di Cristo, per chi Lo segue; non ti promette il mondo ma un cuore pieno, colmo, che trabocca, che investe le cose che incontra, le investe con quel che ha dentro. Un uomo, se Lo segui, che non si aspetta più la pienezza dalle cose che fa, ce l’ha prima di fare le cose, è lui che riempie le cose di ciò che ha dentro, non le cose lui. È un uomo che ha il baricentro dentro, non si appoggia alle cose come a un girello, come a una ringhiera, ha il centro dentro di sé. Le cose per quest’uomo, di cui il cuore trabocca, sono espressive, non realizzative, sono come uno strumento, come una protesi, come il microfono! Non è il microfono che riempie me, esprime quello che ho dentro; paradossalmente le cose mi svuotano, non mi riempiono. Io non mi aspetto l’entusiasmo dalle cose che faccio, ma sono io che entusiasmo le cose, perché ce l’ho dentro, è tutto capovolto, perciò son libero davanti a tutto. Cioè, non libero dall’esito, io non sono cinico, le cose non sono uguali, l’esito mi interessa, eccome! Non faccio mai le cose libero dall’esito – eccome se ci tengo all’esito! -, ma io sono libero nell’esito qualunque sia l’esito, perché quello che mi rende libero ce l’ho prima, l’esito ce l’ho prima di fare le cose, l’ho già raggiunto: ché sono già diventato me stesso. “Le cose sono sempre troppo piccole”, dissi un giorno ad un collega di ginnastica che mi chiedeva: “Ma ci vuoi spiegare perché ti piace tanto fare le cose che fai?”; gli ho detto che mi facevano schifo le cose, che erano troppo piccole per il grido del cuore; mi ricordo che gli ho citato un salmo – ovviamente non ci ha capito molto –: era il Salmo 118, quello lungo quasi 200 versetti che loda la parola, la legge di Dio e dice: πάσης συντελείας εἶδον πέρας, di ogni cosa perfetta io ci vedo il limite, πέρας, il buco, il bug. Non c’è la cosa perfetta, le cose io le spremo come un limone che metti nel tè in un istante, le spremo subito le cose. E poi dice: πλατεῖα ἡ ἐντολή σου σφόδρα, lo sconfinato, πλατεῖα, lo sconfinato è l’orizzonte della tua legge, non le cose. Sconfinato è il Creatore delle cose, non le cose. Ecco, Gesù è così. Quando Luca scrive queste frasi del Vangelo, ce L’ha davanti o glielo raccontano – non è sicuro che ci fosse lui, perché lui non era dei Dodici, anche se era dei 72 discepoli – vede che Gesù trabocca, perché per Gesù è il Padre che è tutto, non le cose; chi incontra Gesù e vede quest’Uomo che trabocca, che è pieno, che non si aspetta la pienezza dalle cose, ma ce l’ha già, vive davanti alla pienezza e la riversa sulle cose, ha un solo problema, quando un Uomo così l’ha incrociato per un istante: di verificare la Sua sfida, di vedere se è proprio vero che il cuore può traboccare, a prescindere da come gli vanno le cose. Se tu vedi un Uomo così hai un solo problema: di non perderLo più di vista, una volta che L’hai agganciato non deve più uscire dallo schermo, devi inseguirLo, seguirLo e inseguirLo per catturarGli il segreto, scoprire… Ecco, io ho questo problema dopo duemila anni, quello che ebbe Luca quel giorno: di scoprire come fa Gesù a riempirmi oggi, a farmi traboccare il cuore così. Perché per meno di questo io non ci potrei stare, il resto me lo danno anche gli altri, mi danno delle cose. Se no sono come Paperon De’ Paperoni che si tuffa nel silos dei dollari – il primo fumetto, mi ricordo, che lessi alle elementari -: era là che faceva il bagno nei dollari sperando che quelli lo potessero…e non bastavano mai, non gli riempivano mai il cuore. Io devo sapere dove e come accade questa pienezza che nessun artista, nessun letterato, nessuno dei grandi che hanno scavato l’umano hanno potuto immaginare; di romanzi, di poesie, di drammi tanti, non ho mai trovato nelle fiction questa idea che ci sia qualcosa che fa traboccare il cuore. Nessun romanziere l’ha mai immaginato, perché non esiste: ti immaginano, ti descrivono dei momenti di emozione, dei viaggi di testa, dei sogni, delle esperienze vibranti, ma sempre dei momenti che non riempiono il cuore, riempiono un istante, riempiono la fantasia, riempiono l’istinto, riempiono l’emozione, ma non riempiono mai il cuore. Non ho mai trovato un artista che abbia descritto questo traboccare del cuore. Se uno ne parla come ne parla qui Luca è perché l’ha visto, l’ha avuto davanti agli occhi, altrimenti uno non lo può neanche immaginare, perché non esiste in natura. Come dice l’inno medievale: “Exepertus potest credere”, ci crede uno perché l’ha visto, ne ha fatto esperienza. Poi non è che dopo te lo può spiegare, dice: “Vieni e vedi”. Infatti Dante – non mi ricordo ma credo sia nel Paradiso I – dice: “Trasumanar significar per verba /non si porìa”; “trasumanar”, la trasformazione dell’umano, oltre l’umano dentro l’umano, che si vede lì, cioè sulla terra – il Paradiso per Dante è in terra mica di là; dicevamo che Dante è “dichter der irdischen Welt”, un poeta del mondo terreno non dell’aldilà – “Significar per verba / non si porìa”, non si può spiegare “per verba”, a parole; poi continua: “però l’essemplo basti”, è sufficiente l’esempio, “a cui esperienza grazia serba”, perché la grazia ci fa il dono di questa esperienza. Ecco, si capisce che gli amici preziosi sono quelli che ti forniscono “l’essemplo” di cui la grazia ti fa dono.