Omelia Don Carlo 21 gennaio 2019

Omelia 21 gennaio 2019
“Pur essendo figlio, imparò l’obbedienza ….e lo rese perfetto”.

Realizzò se stesso, Gesù, perché imparò l’obbedienza. È il contrario di quel che pensa il mondo, che obbedire è alienante, alienare, in diritto romano, “perdere la propria proprietà”, in questo caso di se stesso, diventare schiavo. Nel mondo l’obbedienza è estrinseca, extra secum, obbedire a qualcosa che è fuori di te, che ti schiaccia e perciò è alienante proprio, ma per Gesù l’obbedienza è intrinseca, intra secum, qualcosa che è dentro di Lui. Obbedire a chi è dentro il cuore, chi gli parla al cuore, a chi fa in questo istante il tuo cuore, obbedire al profondo di te stesso. Perciò, obbedire è il gesto più grande di libertà, perché Dio, Abbà, è Colui che Lo sta facendo in quell’istante. Ubbidire al cuore, consapevole, coincide con ubbidire a Dio. E come è avvenuto questo?

“Imparò l’obbedienza da ciò che patì”.
Il patire, il dolore, è la strada per diventar se stessi. Il contrario di quello che avviene nel mondo. Nel mondo il dolore è la distruzione della vita, mentre il dolore, in Gesù, svela la Sua impotenza, di non poter compiere se stesso, il bisogno di Dio. Il dolore suggerisce a Gesù di cercar Dio, di affidarsi a Dio, come sulla croce: “Perché mi hai abbandonato? Ma io per questo nelle Tue mani mi affido.”
Il dolore è stato in Gesù la strada per diventare veramente se stesso. Che grazia avere amici che ci insegnano questa ubbidienza. Gesù all’ultimo istante non li ha avuti. Abbiamo bisogno di amici che ci insegnino l’ubbidienza, non appena nelle cose dolorose – è rarissimo trovarne – ma, innanzitutto, nelle cose belle, perché le cose belle sono segno di ciò che di più vero c’è dentro di me, sono un segno di Dio, come dice in questo Vangelo. Dice Gesù che non si digiuna a pranzo con gli sposi; c’è una cosa più bella che il digiuno e la sofferenza: è il mangiare e festeggiare!
Gesù è entrato nel mondo per insegnare l’ubbidienza a Dio, cioè l’ubbidienza a se, la propria realizzazione attraverso tutte le cose, le belle, innanzitutto, e quando ci sono anche le brutte.
Il nostro compito dentro questo mondo – ognuno ha il suo, tutti gli altri hanno il loro – ogni religione ha la sua strada e il suo compito, noi siamo stati scelti non per digiunare e per soffrire ma per mangiare e festeggiare. Questa è l’audacia blasfema agli occhi del mondo che Cristo porta dentro il mondo.