*Omelia 19 dicembre 2018*
“Ecco tu sei sterile, e non hai avuto figli.”
Si sente dire brutalmente Anna; perciò tu sei maledetta, perché qui è benedetto il popolo, perché per il popolo eletto il bene è generare il popolo, ma tu sei sterile e non contribuisci a generare il popolo. Tu non collabori al compito del popolo, che è generare il Messia, che nascerà da una donna ebrea. Tu sei esclusa da questa benedizione.
Pensate la ferita di questa povera donna ebrea: sentirsi dire così dal sacerdote del tempio. Cosa c’è per me allora?
“Ma tu concepirai e partorirai un figlio”
C’è un miracolo. Sarai benedetta come tutte le altre donne ebree: non te lo meritavi e ti è stato fatto, come Elisabetta, sterile, che concepisce, quando più non se lo aspetta, Giovanni ed esulta, perché ha avuto il massimo che una donna ebrea può desiderare. E lo grida a tutti: “il Signore si è degnato di togliere la mia vergogna tra gli uomini”.
E io dico, Elisabetta ma sei scema? T’accontenti di questo? Perché il massimo è generare un figlio mortale, ma non senti che il cuore grida l’eternità? L’eternità non è la generazione di figli che moriranno. Generare una catena di uomini mortali non ne fa uno eterno. Far figli non risolve il problema dell’eternità. Generare nell’immaginazione ebraica purtroppo è un surrogato dell’eternità. Il massimo che potevano immaginare era questo, anche perché gli ebrei non credono all’immortalita dell’anima, non hanno saputo usare la ragione acutamente, metafisicamente come i greci, e pochi tra loro, solo un po’ di farisei, si aspettano la Risurrezione.
Ma solo un Uomo Risorto dai morti risponde al bisogno di eternità, ma questo per un ebreo è impensabile, indesiderabile, loro si fidano totalmente di Dio ma non hanno coscienza della felicità di cui hanno bisogno, e che Dio ha preparato per loro.
Che grazia ho io e hai tu. A noi è data la coscienza di poter attendere quello che dice Paolo: scio cui credidi, io so Colui che attendo, Lo conosco, so Chi attendo. Io attendo Cristo Risorto, che ho già conosciuto e che porta nel mondo non qualche figlio in più, ma porta l’eternità. La porta per tutti, ma tanti non lo sanno ed io e te lo sappiamo.
La differenza è che tutti attendono confusamente non si sa cosa: “ciascun confusamente un bene apprende”. Noi non attendiamo confusamente, ma coscientemente, perciò ben più audacemente.