*omelia 05 settembre*
“Siamo collaboratori di Dio (…)”
“Voi siete il campo e l’edificio di Dio.”
Vuol dire che noi siamo preziosi nella Sua opera. Senza di noi la Sua opera non si fa.
Senza di noi al mondo manca “il campo di Dio”, “l’edificio di Dio”, cioè manca la cosa più bella del mondo.
Gli antichi avevano le 7 meraviglie del mondo. Questa è l’ottava meraviglia, dice Sant’Agostino, “dies octavus”, il giorno in cui è accaduta l’ottava meraviglia del mondo.
E qual è?
L’opera di Dio nel mondo che fa meravigliare il mondo.
Dice il salmo: “Beato il popolo scelto dal Signore”.
Ecco cosa mancherebbe, se manchiamo noi: mancano uomini beati perché scelti, non perché gli van bene le cose; che sono felici perché Dio li ha scelti a fare quello che fa Dio. Dio è il creatore del mondo, ma Dio il mondo lo inizia soltanto.
Ha fatto il Big Bang, ma noi dobbiamo compiere l’opera di Dio. La compiono gli uomini: la possono rovinare, la possono rendere bellissima, è quello che viviamo: tante rovine e tanti miracoli!
Nel mondo accade qualcosa che per tutta l’eternita sarà opera nostra.
C’è qualcosa che lo creo io, che lo immagino io, che sono io!
Quando mi spengo io, si spegne qualcosa, cioè non lo può fare neanche Dio, perché io sono unico, originale e libero.
Dio non mi domina: c’è qualcosa che Dio non mi può imporre che può solo fiorire dal mio cuore. E io così come sono fatto, come io sento le cose…questa unicità è solo mia: ecco, Dio mi ha fatto per questo, io, tutto quel che sono, come sono fatto!
E, per questo, tutto di me è prezioso, è bello per questo compito.
Quando io mi sento brutto, quando non mi piaccio, mi sento da buttare, è proprio perché ho dimenticato il compito, perché ho dimenticato il Suo progetto.
Allora non mi piaccio io, mi sento da buttare e poi è da buttare tutto, perché, se perdo il mio compito, diceva pure Seneca, e infatti si è suicidato non a caso, Nerone lo ha potuto ricattare, perché diceva: “ignoranti quem portum petat nullus suus ventus est”
“Chi ha dimenticato il porto che bramava, da quel momento nessuno è più il suo vento”, non sa più che farsene neanche del vento più favorevole, spreca anche le cose che van verso lo scopo.
Io, da quando ho intuito questo, mi alzo al mattino con una sola urgenza: di conoscere un po’ di più il suo progetto, soprattutto di conoscere il progettista, di poterLo intercettare, guardare negli occhi, di entrarGli nel cuore per capire quello che ha in mente.
Questo è lo scopo delle giornate.
Che amici siamo, se non ci aiutiamo in questo, se non ci raccontiamo dove e come noi conosciamo un po’ di più il Suo progetto, dove noi intercettiamo lo sguardo e l’affetto prepotente del progettista?