Omelia del 12 settembre
“Beato, beati voi!”
Ma come è entrata nel mondo la possibilità di essere beati?
“Il tempo ormai si è fatto breve per la mia vita”, grida Paolo agli amici di Corinto. L’incontro con il Risorto cambia per Paolo il tempo, il senso del tempo.
Prima era sempre troppo lungo, adesso è sempre troppo breve.
Prima lo chiamava come tutti κρονος (kronos), cioè un tempo vuoto, da colmare, da far passare coi passatempi e non si colma mai, non passa mai: è sempre troppo lungo il tempo.
Adesso non usa più la parola κρονοςa (kronos), usa un aggettivo sostantivato χαιρός (kairos), vuol dire tempo opportuno, tempo propizio, tempo pieno di un’opportunità, che mi può cambiar la vita, che mi può far rinascere.
Il tempo, nell’incontro con Cristo, ha una nuova dimensione, si misura diversamente, “si è fatto breve”. Usa anche qui un’immagine del gergo nautico marinaro, συνεσταλμένος (synestalmènos) che vuol dire…che si usa per la vela quando si imbroglia, cioè quando si arrotola, si restringe e ha meno superficie esposta al vento e spreca sempre il troppo vento: potrebbe andar fortissimo sfidare il mare, ma la barca rallenta perché le vele si sono arrotolate, rattrappite, raggrinzite.
Nell’incontro con Cristo – questa è l’immagine – un uragano di energia, di vitalità investe la mia vita: potrei andar fortissimo, sfidare il mondo, ho una vitalità esagerata, vorrei far tutto, saper tutto, godere tutto, ma tutto ‘sto vento non ci sta più nelle solite cose, le solite cose si sono imbrogliate, raggrinzite, bucate, mi sprecato tutto questo vento!
Non posso sopportare tutto ‘sto spreco!
Allora guarda le cose quotidiane e ha questa espressione – come dire – forzata, esasperata, come certe corde delle chitarre di certi strumentisti – ve li ricordate, no? – che le facevano vibrare, lamentare, gridare, e comincia a dire: “Sì, adesso guardo le cose normali, belle – la moglie, i soldi, i possedimenti, la salute – e tutto diventa come se non: chi ha moglie come se non, chi possiede come se non…sì, la donna mi vuole un gran bene, mi ama, ma è συνεσταλμένος (synestalmènos) anche lei, come una vela imbrogliata, raggrinzita: mi spreca tutto l’uragano di amore che ho dentro, non lo coglie tutto, non lo valorizza.
Ho mille cose belle che ho conquistate, anche loro sono tutte συνεσταλμένος (synestalmènos), cioè sono troppo piccole per l’uragano che io ho e con cui le investo ogni giorno. È sempre troppo, sempre troppo di questo vento che ho dentro che viene sprecato: non c’è niente che valorizzi tutto il vento con cui investo le cose.
Non posso sopportare questo spreco di vitalità che mi ritrovo addosso: è tutto sproporzionato, piccolo rispetto a quel che mi brucia dentro.
Eppure sento che potrei ricreare il mondo, rifare un nuovo Big Bang dentro questo mondo.”
Questa è la sensazione che ha Paolo quando parla con i Corinzi che si perdevano in mille cose secondarie, non si rendevano conto che erano entrati in una nuova dimensione dell’universo.
Voglio spendere tutta la vita per espormi a questo vento: non posso sopportare di sprecare un moto, un soffio di questo vento che è Cristo risorto.
Voglio cogliere tutte le infinite possibilità che mi si aprono.
Gli amici preferiti chi sono, per Paolo, per me, per chi ha intuito questo? Sono quelli che sentono che il tempo ormai si è fatto così troppo breve.