Omelia Don Carlo 20 novembre 2018

Omelia, 20 novembre 2018

“Ecco, sto alla porta e busso, se qualcuno mi ascolta”.

Tu sei il Dio che gli uomini hanno sempre cercato e temuto. Se lo sono immaginato i filosofi, come un essere lontano, estraneo, che non ama niente e nessuno, il dio di Aristotele. O, le religioni, un signore onnipotente, che vuole ubbidienza e sacrifici, a volte anche feroci, sacrifici umani, che schiaccia gli uomini.

E Tu arrivi e dici: io sto alla porta, busso, se qualcuno mi apre. Come un Dio che bussa, che domanda, che supplica, come un mendicante, d’essere accolto come un innamorato, che bussa e dice: “Mi vuoi, mi accogli nella tua
vita?”. E’ lo scandalo, lo sgomento.. tutti gli uomini di fronte al Dio che
si rivela non come l’avevano immaginato, sono sgomenti e ultimamente scandalizzati. E’ impensabile per gli uomini che questo sia Dio.

Che cosa cambia se io incontro questo Dio, che bussa alla mia porta, chiede se qualcuno Lo ascolta e Lo accoglie?

“Verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me”: un’esperienza di familiarità assoluta, inimmaginabile, con Lui e poi con tutti e con tutto. Perché se mi è familiare Dio, tutti mi sono familiari, tutto. Io dovunque sono a casa mia, non sono più estraneo. Perché dove dimora Dio, dimoro anche io. Se c’è
posto per Dio c’è posto per tutto e per tutti, nella mia casa. Quando invece mi sento estraneo, lontano, solo, la ragione è una sola: perché non ho aperto la mia porta a Lui. E allora non ci può entrare nessuno. Il primo che non ci entra sono io, sono estraneo a me stesso. Perché Lui bussa ma non sfonda, non è violento. Dice Agostino con un’immagine un po’ barocca, che il
cuore dell’uomo ha una porta con la maniglia solo all’interno. Dall’esterno si può solo bussare. Perché se Lui è un innamorato gusta solo un “si” libero. Ad un innamorato non gli passa neanche per la testa di fare violenza. Può solo domandare, supplicare, che gli sia detto di “si”. Niente dà gusto a uno che ama se non un abbraccio in cui ci sia dentro un “si” totalmente libero. Quando noi non gustiamo più niente, è perché poco o tanto usiamo, violentiamo, ma non amiamo più, neanche noi stessi. Perché l’unico gusto – e chi lo ha provato lo sa- è di voler bene. A se stessi innanzitutto. Il resto sgorga da questo.